Mancano sufficienti risorse umane per concretizzare i piani di sviluppo delle telecomunicazioni previsti dal PNRR: dai dati dell’associazione ANIE emerge che servirebbero 20.000 persone per chiudere i lavori entro i tempi previsti, ma investire in questo momento è complesso
Mancano le persone necessarie a realizzare gli ambiziosi piani di sviluppo della rete di telecomunicazioni previsti negli ultimi bandi del PNRR. Il grido d’allarme arriva dalla Federazione ANIE, che rappresenta l’industria elettrotecnica ed elettronica nazionale (comparto da 76 miliardi di euro di fatturato nel 2021, 480.000 occupati e il 4,5% di incidenza della spesa in R&S sul fatturato per la componente tecnologica). In ANIE opera il Gruppo dei System Integrator Reti di Telecomunicazioni che comprende le aziende che si occupano della realizzazione, manutenzione e gestione di infrastrutture fisse e radiomobili per le telecomunicazioni e che, dati alla mano, rivendica tale difficoltà.
Infatti, applicando dei metodi di calcolo statistici ai nuovi bandi per la rete in fibra ottica relativi ad aree grigie, scuole e sanità, si può stimare il numero di risorse umane aggiuntive necessarie alla loro corretta implementazione per una chiusura dei lavori entro i tempi previsti dai finanziamenti: occorrerebbero almeno altre 20.000 unità. Il comparto, già in sofferenza solo per l’effetto del completamento dei lavori oggi in corso d’opera, non potrà che trovarsi in una situazione ancora più complessa.
PNRR, perché investire in risorse umane è complesso
Nelle condizioni attuali però non è possibile da parte del settore giustificare un investimento di tale portata proporzionale alla implementazione delle risorse umane perché mancano le leve finanziarie e le agevolazioni. Nella ipotesi di risoluzione di tale problematica andrebbe poi previsto in anticipo il ricollocamento di almeno una parte delle 20.000 risorse umane occupate dopo il 2026, ultimo anno finanziato nel PNRR e periodo intorno al quale teoricamente i progetti dovranno essere ultimati. Andrebbero previste insomma soluzioni preventive perché questo rischio prospettico, che causerebbe in futuro un problema di esubero, non può essere assunto dai system integrator.
Oltre agli aspetti economici si deve tener conto di quanto sia complessa la ricerca di operatori per lavori usuranti, che sono proprio quelli dove effettivamente la forza lavoro è più carente. Oggi, infatti, mancano soprattutto coloro che devono occuparsi degli scavi e che ovviamente rappresentano la componente più “povera” della filiera.
A tutto ciò si aggiungono il costo e le tempistiche relative all’approvvigionamento dei mezzi e alla formazione delle figure più specializzate. Si stima che i lavori, anche nell’ipotesi di poter partire subito nel recruiting, non potrebbero comunque essere avviati prima di un anno.
Le possibili soluzioni
Gli strumenti preposti per agevolare gli investimenti del settore potrebbero consistere in misure in grado di favorire ricambi generazionali come la “rivalutazione” dei profili cosiddetti “usuranti” in ambito TLC e i finanziamenti a fondo perduto ad aziende che promuovano la ri-professionalizzazione di operai provenienti da settori in crisi. Utile sarebbe anche una rivisitazione delle indennità di trasferta per agevolare la mobilità della manodopera dal Sud al Nord e dall’Estero all’Italia.
Per affrontare il tema dell’esubero dopo il 2026 si potrebbe finanziare un fondo di categoria – nell’ambito del segmento impiantistica TLC – per favorire campagne di uscite incentivate su base volontaria, e sostenere le aziende nell’integrazione – ai lavoratori in uscita – della componente eccedente il contributo NASPI, innalzandone da 24 mesi a 48 mesi la durata. Sempre in questo ambito si dovrebbe disporre di fiscalità agevolata per i servizi di outplacement da parte delle aziende che intendano avvalersene.
Si dovrebbero disporre dei finanziamenti a fondo perduto per l’acquisto dei mezzi e delle attrezzature necessarie alla realizzazione delle nuove reti e per la formazione del personale neo-assunto. Una ulteriore misura, più generale, potrebbe consistere nella deroga al regime IVA di Split Payment o Reverse Charge per la fatturazione dei lavori di realizzazione banda ultra larga e abbattimento dell’aliquota IRES/IRAP.
I problemi collaterali: caro materiali, energia e trasporti
Si tenga poi presente che un investimento così importante, come quello identificato dai costi della costituzione delle squadre di operai con le difficoltà che oggi esistono per il reperimento della manodopera, deve essere sviluppato in un periodo caratterizzato da tutta una serie di criticità riguardanti il caro materiali e dell’energia e quindi anche dei trasporti, i costi maggiori legati alle regole covid, il rischio inflazione, la concorrenza dei Paesi esteri con piani ambiziosi e salari più attraenti.
Da alcuni calcoli emerge che gli incrementi finora registrati solo sulla componente materiali/materie prime comportano un extra-costo di oltre il 16% per le opere di realizzazione delle infrastrutture di rete, ad oggi totalmente a carico delle imprese che si occupano della costruzione della rete stessa. Quindi è essenziale che venga data la possibilità per legge alle stazioni appaltanti di integrare ed erogare le necessarie compensazioni alla filiera.
Conclusione
Federazione ANIE si è da tempo attivata per sensibilizzare il Ministero dello Sviluppo Economico, Infratel SpA e gli operatori di telefonia fissa e mobile attraverso la loro rappresentanza a riguardo di questa complessa situazione che come già sottolineato ad oggi impedirebbe di avviare concretamente un processo di implementazione della rete di telecomunicazioni che è prioritario per garantire al nostro Paese un adeguato sviluppo infrastrutturale, indispensabile per la digitalizzazione, elemento abilitante dei processi di sostenibilità economica, ambientale e sociale.
Articolo a cura di Luigi Piergiovanni
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