Da mercoledì 20 ottobre (la nostra agenda incomincia a riempirsi di appuntamenti “istituzionali”) è iniziato lo switch-off tecnico del digitale terrestre, che vedrà coinvolti inizialmente i canali tematici di Rai e Mediaset. Il passaggio definitivo alla nuova tecnologia DVB-T2 avverrà alla fine del 2022; nel frattempo si potranno sostituire i vecchi televisori, acquistati prima del 22 dicembre 2018, utilizzando anche le agevolazioni previste dal “bonus rottamazione”, pari al 20% del prezzo di acquisto fino ad un importo massimo di cento euro. In molti casi i televisori più vecchi possono essere già adattati alla nuova tecnologia se sono compatibili con l’HD, se cioè supportano l’alta definizione. Questo riadattamento creerà meno problemi rispetto al passaggio dall’analogico al digitale terrestre avvenuto all’inizio degli anni Duemila.
Perché ciò avviene? Quali sono i vantaggi per il pubblico?
I vantaggi ci sono, per la migliore qualità del suono e delle immagini, ma non sono eclatanti. Il passaggio alla nuova tecnologia non avviene per un ammodernamento del sistema, ma su input dell’Europa per agevolare la diffusione del 5G, la nuova tecnologia della telefonia mobile. Ogni paese europeo dovrà liberare dall’emittenza televisiva la banda di frequenze pregiata (700Mhz) per darla in uso agli operatori telefonici: si tratta dello spostamento di frequenze usate dalle emittenti televisive nazionali e locali (banda di spettro 694-790 Mhz), per renderle disponibili alle Telco, che si sono aggiudicate le frequenze 5G (asta avvenuta nel 2018 e che, ricordiamo, ha raggiunto la cifra record di 6,6 miliardi), per i servizi sviluppati con la tecnologia mobile di quinta generazione. Per la prima volta nella storia, la Tv soccombe alle telecomunicazioni!
Il 5G, come sostengono gli esperti, non è un semplice passaggio da una vecchia ad una più aggiornata tecnologia, come è avvenuto negli altri tre casi precedenti (il GSM del 2G, l’UMTS del 3 e del 4G), ma è un sistema che, per velocità di trasmissione di dati in termini di velocità in download/upload (superiore anche di venti volte rispetto agli attuali standard), per i tempi quasi istantanei delle risposte e per la numerosità di accessi rappresenta un nuovo modello (consiglio la lettura del libro Il futuro del 5G di Maurizio Décina e Antonio Perrucci). Si passa da “Internet delle persone” ad “Internet delle cose”, alla connessione per esempio fra apparati industriali, alla connessione interattiva fra più oggetti, processi per svolgere attività più o meno intelligenti.
Insomma, siamo alla porta di ingresso di una sorta di “paradiso” digitale, anche se i tempi di realizzazione, così come quelli per la realizzazione della rete a fibra ottica (copertura fino alle abitazioni, FTTH, Fiber to the Home), si stanno allungando (per il 5G non è stato ancora risolto il tema della sicurezza sanitaria: fra non molto ci saranno in piazza i no-5G? In più c’è il tema della sicurezza nazionale, determinata dalla presenza significativa della Cina nel settore). A fronte di questa situazione, la televisione classica, quella basata sul vecchio televisore, non poteva che farsi da parte, in particolare se lo chiede l’Europa.
La sostituzione dei televisori per adattarli al “nuovo” digitale determinerà di sicuro un disturbo per il pubblico e un affare per i costruttori di televisori. Dalla vicenda possiamo trarre, in conclusione, alcune considerazioni di carattere generale. Si evidenzia l’espansione delle Tlc nei segmenti dell’entertainment (vedi la recente vicenda dei diritti del campionato di calcio di serie A), espansione necessaria anche per recuperare gli alti investimenti per le frequenze del 5G; allo stesso tempo la televisione classica continuerà a perdere pubblico, in particolare le classi d’età più giovani, pubblico che non comincerà improvvisamente a leggere i libri ma si riverserà sul web per vedere contenuti editoriali spesso prodotti dalle Tv stesse.
Ci si avvia sempre più ad una integrazione fra web e Tv, con il rischio che i vecchi operatori della Tv possano soccombere a fronte della forza economica delle Tlc e delle Big Tech. Interessano i programmi, i contenuti, meno le specifiche tecniche del televisore e così continuerà ad essere anche alla luce dei prossimi cambiamenti.
Articolo a cura di Francesco Devescovi, Il Fatto Quotidiano
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