Articolo di Andrea Pitozzi, Wired
Bruxelles sollecita gli Stati a controllare gli apparati di operatori considerati a rischio. Anche la Francia esclude Huawei.
L’Unione europea fa il punto sulle misure di sicurezza che gli Stati membri stanno mettendo in atto sul fronte dello sviluppo delle infrastrutture 5G a livello nazionale e comunitario. Da quanto emerge nel report pubblicato, Bruxelles esprime soddisfazione soprattutto per i risultati ottenuti fino a qui per quanto riguarda il potenziamento del ruolo delle autorità di controllo nazionali sulla sicurezza del 5G, l’applicazione di restrizioni per i fornitori considerati ad alto rischio e la definizione di standard di sicurezza e resilienza della rete per gli operatori mobili.
Secondo la Commissione, invece, maggiori sforzi devono essere indirizzati ad attenuare la dipendenza proprio da quei fornitori di tecnologie considerati ad alto rischio, sia a livello nazionale sia a livello comunitario. Su questo punto, inoltre, le autorità europee auspicano anche un maggiore impegno da parte degli stati nella predisposizione di strategie che garantiscano la massima diversificazione nella scelta e nella selezione dei fornitori, oltre a mantenere un controllo anche sui meccanismi di investimento esteri.
A questo proposito, tra le principali raccomandazioni della Commissione e dall’Enisa, l’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione, nel documento si invitano gli stati a mettere in campo misure volte a evitare distorsioni nel mercato dell’approvvigionamento del 5G, a investire maggiormente nelle tecnologie 5G e post 5G sviluppate in Europa, oltre a garantire per quest’infrastruttura finanziamenti pubblici ma sempre con un’attenzione particolare ai rischi legati alla sicurezza informatica.
I pesi dell’Unione hanno ora tempo fino al primo ottobre per presentare i loro pacchetti di misure nel quadro delle linee guida stabilite dalla Commissione a gennaio 2020, e nel frattempo le autorità europee continueranno a collaborare con i singoli stati per definire eventuali interventi specifici e lavorare in direzione di un approccio il più possibile condiviso alla regolamentazione dello sviluppo delle tecnologie 5G.
Del resto, quella sullo sviluppo delle reti di quinta generazione è una partita sempre più importante per tutti i paesi dell’Unione, “perché può aprire nuove opportunità per le imprese, trasformare i settori critici dell’Ue e apportare benefici ai cittadini europei. La nostra priorità e responsabilità comune consiste nel garantire che tali reti siano sicure, e benché la relazione evidenzi gli enormi passi avanti registrati, molto rimane ancora da fare”, ha evidenziato Margrethe Vestager, vicepresidente con delega alla Concorrenza.
D’altronde, nelle ultime settimane sono aumentati i giri di vite in particolare verso il più completo fornitore di tecnologie 5G al mondo, il colosso cinese Huawei, da parte di Stati europei. In Italia Tim lo ha escluso da una gara, in Francia il governo lo ha escluso dalla rete sulla scia di quanto fatto dal Regno Unito. Lo strumento messo a punto dall’Unione europeo ha proprio lo scopo di non creare misure contro una specifica azienda a monte, ma di agire sulla base di controlli puntuali. Ma è chiaro che l’operatore cinese, che ha spiegato che un allontanamento “potrebbe ridurre la varietà dell’offerta nel mercato dei fornitori, danneggiando l’economia digitale europea e minando la sovranità digitale dell’Europa, che include la libertà di scegliere i propri fornitori” e che “ciò mette anche a repentaglio la cooperazione globale, con un conseguente innalzamento dei prezzi e un’inferiore qualità per i consumatori”, è sempre più nel mirino.
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