Secondo il Ceo di BAI Communications Italia, Luca Luciani, nel nostro Paese “dove c’è un gap tra una domanda potenziale enorme di servizi 5G e la difficoltà di sviluppare queste reti, ci sono gli spazi per poter investire”
Nella precedente rilevazione era il 40%. Due anni o “anche meno” e il nostro Paese potrebbe avere una rete 5G in grado di creare l’ecosistema adatto ad impattare realmente nella nostra quotidianità e dare una spinta al sistema produttivo, “fino al 25% in più”.
Al momento in Italia le reti di nuova generazione hanno ancora però “bassa capacità”. Tuttavia nel nostro Paese “dove c’è un gap tra una domanda potenziale enorme di servizi 5G e la difficoltà di sviluppare queste reti, ci sono gli spazi per poter investire”.
A fare il punto sullo sviluppo delle reti ultraveloci in Italia è Luca Luciani, CEO di BAI Communications Italia, società (nata a febbraio 2022) del gruppo BAI, multinazionale australiana “specializzata in infrastrutture passive di telecomunicazioni, a supporto degli operatori mobili”.
BAI Communications Italia sviluppa soluzioni neutral host, collabora cioè con gli operatori di rete mobile, i distretti industriali privati, le aree commerciali, gli uffici pubblici e le amministrazioni locali per migliorare la connettività del Paese, contribuendo ad accelerare l’innovazione digitale e a guidare la diffusione di applicazioni per le smart city. Neutral host, spiega Luciani, vuol dire “sviluppare una rete a beneficio di tutti e condividere le infrastrutture di rete per far fare un salto generazionale alle reti di telecomunicazione”.
Ma perché ci sia “un salto tecnologico bisogna rimettere mano agli investimenti, modernizzare e ripensare la rete. Il 5G, nel caso specifico, ha bisogno di capillarità e di tantissime antenne”.
La rete 5G in Italia
A sei mesi dall’avvio delle operazioni in Italia, Luciani è convinto che, in chiave 5G, si debba fare dunque un salto in termini di prestazioni, passando da “una copertura a macchia di leopardo” e da quello che lui stesso ha definito “un velo di copertura” ad “un ambiente 5G completo, con l’IoT, e non con soluzioni spot, come avviene oggi”. Per accelerare “abbiamo bisogno sicuramente che vengano realizzati i progetti del PNRR e occorre densificare la rete nelle aree rurali. Dopodiché serve entrare nelle città, collaborare con i sindaci e con le aziende municipalizzate, collegare le antenne e metterle a disposizione degli operatori”.
Ogni azienda municipalizzata “gestisce un patrimonio di infrastrutture (come i pali della luce) che possono fungere da supporto naturale a questo tipo di rete. D’altra parte sono anche possibili fruitori di servizi IoT. Quindi, PNRR a parte, ci sono grandi possibilità di cooperare, per far fare un salto alle città”. A questo punto, e solo a questo punto, “il cliente finale non avrà, come dire un ‘velo di copertura’, ma inizierà ad avere una rete robusta, che permetterà anche un approccio anche mentale diverso”.
La mobilità
Il 5G è visto dall’utente medio in ottica di intrattenimento. “Quello che gli cambierà la vita sarà l’Internet of Things, gli oggetti connessi. Pensiamo al traffico urbano e alla possibilità di fare re-routing del traffico in funzione di una congestione dovuta alle automobili. Questa è una classica use case di come IoT e 5G cambieranno veramente le nostre abitudini. Pensiamo a quale impatto potrebbe avere un sistema di navette (magari piccolo) a guida autonoma in una città come Roma. Per poterlo fare c’è bisogno di 5G, latenza zero e contiguità”.
La connettività a bordo treno poi è “un pilastro importantissimo” per la costruzione di un ecosistema 5G. “Non solo – ha spiegato Luciani – per i treni veloci e ultraveloci, ma anche per quelli regionali, dove a oggi non c’è connessione . Sui treni viaggiano complessivamente 6 milioni di italiani che ogni giorno si spostano per andare a lavorare. L’obiettivo è mettere mano al sistema in cooperazione con i grandi player del trasporto per amplificare il segnale”.
Le aziende
In chiave produttività in ambito industriale “con il 5G la rivoluzione è immediata, perché i guadagni di produttività sono certi e concreti da subito”. La robotica “da tempo ha sostituito le attività labour intensive nelle fabbriche tradizionali”. Ma in un ambiente di lavoro dinamico c’è bisogno di connessione con una latenza ”affidabile. Il 5G interviene in maniera prepotente perché garantisce una latenza quasi uguale a quella della fibra ottica, ha la capacità di collegare tantissimi oggetti assieme e dà certezza al ciclo produttivo”. Non solo. Pensiamo alla logistica, alla movimentazione delle merci e ai porti dove “l’intermobilità, un’esigenza estremamente importante, significa flusso di dati in tempo reale”.
Stadi, aeroporti e stazioni
A oggi i grandi eventi (un concerto, una partita di calcio) che radunano anche 50 mila persone negli stadi e nelle arene soffrono il 4G. “Lo stadio Olimpico di Roma, ma anche gli altri stadi del Paese, non è ad esempio in grado di supportare WhatsApp durante un concerto. Il 5G fa fare tra i due e i tre salti di grandezza da un punto di vista di capacità e “sbottiglia” in maniera formidabile quel tipo di esperienza. Pensiamo solo che gli stadi americani garantiscono 180 megabit al secondo per ogni seggiolino”.
La protezione dei dati
Intrattenimento, trasporti, produttività: se lo sviluppo dell’ecosistema 5G passa per i Big Data, come siamo messi in termini di sicurezza dei dati? “Le reti aperte wifi sono vulnerabili. Se il catalogo di un prodotto viene “sniffato, come si dice tecnicamente, e venduto a un produttore asiatico, lui si trova il campionario del prossimo autunno. Se l’esigenza è quindi la protezione dei dati il 5G è massimamente tutelato”.
Articolo a cura di Alessio Nisi, Agi.it
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