Articolo di Giusy Carretto, StartMag
L’allarme di Asstel, le critiche di Confindustria digitale e i rilievi del prof. Vatalaro. Che cosa è emerso su Pnrr, digitale e 5G nel corso delle audizioni in Parlamento
Il Desi 2020, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società, lascia pochi dubbi: l’Italia occupa il terzultimo posto fra i 28 Stati membri dell’Ue. Investire nel digitale diventa un’urgenza.
Urgenza, però, che non si rispecchia nel Recovery Plan: al digitale vengono destinati 5/6 miliardi, e solo 1,1 miliardi a conti fatti, sono i nuovi fondi destinati al 5G, infrastruttura abilitante. Per Asstel servirebbero almeno 10 miliardi per poter connettere l’intero Paese alla rete di ultime generazione.
Ma la questione non è solo economica. Andiamo per gradi.
I SOLDI DEL PNRR DESTINATI AL 5G
Partiamo dai numeri. A snocciolare quanti soldi, a conti fatti, il Pnrr destina al 5G è presidente di Asstel, Pietro Guindani, che in audizione alla Camera dei deputati sostiene che nel piano sono previsti 4,2 miliardi per lo sviluppo di ‘Banda larga, 5G e monitoraggio satellitare’. Di questi, però, 900 milioni sono legati a un progetto per il satellitare, 1,1 miliardi sono destinati a voucher per la domanda, mentre 1,1 miliardi sono la replica di finanziamenti già stanziati per le aree grigie. La quota di Pnrr per le infrastrutture è di solo 1,1 miliardi, lo 0,5% del Piano, una somma che non può fare la differenza in alcun modo”, denuncia Guindani.
ASSTEL: SERVONO ALMENO 10 MILIARDI NEL PNRR PER IL 5G
Per Asstel, associazione che riunisce e rappresenta le società di telecomunicazioni, i fondi stanziati sono dunque troppo pochi. In base ad una prima stima dovrebbero essere “previsti almeno 10 miliardi” per iniziare con “l’accelerazione e l’estensione della copertura 5G su tutto il territorio”, sostiene il Presidente.
E Guindani, a sostegno della sua tesi, ricorda come la Spagna “per il 5G ha stanziato nel proprio Pnrr 5,2 miliardi per assicurare la massima copertura 5G entro il 2025”. “La Germania – ha aggiunto il Presidente di Asstel – ha previsto 6 miliardi per il 5G, che si sommano ad altri 11 per estendere a tutto il Paese la copertura a 1 Giga”.
I CALCOLI DI INFRATEL
Secondo i calcoli di Infratel, pubblicati in un articolo a firma di Marco Bellezza, amministratore delegato di Infratel, su Agenda Digitale, servono “interventi ulteriori rispetto a quelli del piano pari a 8,4 miliardi di euro, di cui 3,490 miliardi già presenti nel Pnrr”.
La “realizzazione delle reti di comunicazione ad altissima velocità in fibra ottica e con tecnologia 5G rappresenta uno dei sette obiettivi faro sui quali la Commissione Europea invita gli Stati membri a concentrare i propri piani di sviluppo. L’emergenza Covid-19 e il conseguente aumento esponenziale della domanda di connettività e servizi associati impongono interventi straordinari”, scrive Bellezza.
LE CRITICHE DI CONFINDUSTRIA
Anche Confindustria Digitale si augura una revisione dei fondi destinati allo sviluppo del 5G. Proprio in audizione alla camera, Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale, sottolinea “la scarsa attenzione dedicata al tema delle semplificazioni e la carenza oggettiva di risorse dedicate a completare l’infrastrutturazione del Paese con reti a banda ultra larga fissa e mobile, a cui vengono destinati soli 1,1 miliardi di euro, a fronte di un fabbisogno che gli operatori stimano in almeno 10 miliardi”.
“Il Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza) deve rappresentare un fattore di chiara, visibile, discontinuità con il passato di stagnazione economica, di arretratezza tecnologica e culturale, che ha caratterizzato la quotidianità di questi anni avendo come contraltare le incertezze e pesantezze del quadro normativo, le frammentazioni della governance e le lentezze dei piani di trasformazione digitale”, ha detto Avenia.
NON SOLO DENARO. LE CRITICHE DI VATALARO
Ma la questione, fa notare Francesco Vatalaro, professore di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata, non è solo economica. In Italia,”la visione armonica dell’evoluzione delle architetture di rete” è stata sinora “trascurata con relativo pregiudizio di un’efficace modernizzazione delle infrastrutture digitali”, ha detto Vatalaro in audizione alla Camera.
COSA AVVIENE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Un esempio è quanto avviene nella Pa. “Il Piano BUL del 2015 prevede che ogni sito della Pubblica amministrazione venga dotato di accessi in fibra ottica, fornendo pertanto un obiettivo condivisibile di accesso al layer fisico ad alta o altissima velocità. Nel frattempo, tuttavia, non si è mai avviata la doverosa revisione delle architetture al livello dei sovrastanti layer IP e di trasporto, che rimangono ancorati al “Sistema Pubblico di Connettività” (SPC) concepito una ventina di anni fa e non in grado di fornire velocità “vera” e, dunque, servizi adeguati”.
L’APPROCCIO OBSOLETO DEL PNRR
Anche il Pnrr, denuncia il professore, “non corregge questo approccio obsoleto alle reti e, non fornendo una vision realmente avanzata, non è purtroppo in grado di traguardare in modo appropriato le infrastrutture del Paese nella prospettiva degli anni 2030”. Il piano, per esempio “relega in poche righe il tema del “Edge-cloud” che è centrale e strategico per l’interesse nazionale”.
IL PROBLEMA DELLE FREQUENZE, DEI COSTI E DELLA DOMANDA
Concentrandoci strettamente sul fronte 5G, poi, il professore fa notare come “frequenze utilizzate rendono poco plausibile una copertura universale o quanto meno ampia del sistema”.
“In Italia praticamente tutto lo spettro è stato già allocato. Si è previsto che, ove lo spettro 5G non sia utilizzato, l’operatore lo debba mettere a disposizione anche di soggetti industriali a condizioni eque e non discriminatorie. Tuttavia, mentre in Germania il costo unitario per le applicazioni industriali è basso, in Italia quando sarà richiesto agli operatori il subaffitto, esso sarà commisurato al valore molto alto derivante dalle aste di frequenza. Viene pertanto in rilevo un problema di costo unitario dello spettro, che si somma alla scarsa domanda di servizio – tuttora latente – dovuta al tessuto industriale costituito da PMI, a fronte delle imprese tedesche di più grande dimensione che già richiedono il 5G (ad es. Bosch). Occorre pertanto, al fine di incentivare i mercati verticali, trovare forme di sussidio della domanda”.
VODAFONE: ITALIANI SEMPRE PIU’ CONSAPEVOLI
Certo è che i mancati investimenti e la rottura con la politica attuativa del passato rappresentano un’occasione persa per l’Italia. Mai come ora, complice anche il lockdown, infatti, gli italiani hanno preso consapevolezza dell’importanza della connessione internet.
Secondo una ricerca condotta in 15 Stati dell’Ue, Italia compresa, da Kantar per il Vodafone Institute, i cittadini percepiscono l’urgenza della digitalizzazione. In particolare, più di tre persone su quattro ritengono che i servizi pubblici digitali (80%), le competenze digitali (78%) e l’accesso a Internet a banda larga (77%) siano aspetti importanti per la ripresa dell’Europa.
No comment yet, add your voice below!