Articolo di Cinzia Arena, Avvenire
Vito Vitale, segretario generale Fistel Cisl, analizza le sfide per il futuro di un settore chiave per la ripresa economica.
Crescono gli utenti e gli investimenti ma i ricavi diminuiscono, il divario tra le diverse aree del Paese si acuisce e l’Italia resta fanalino di coda per molti aspetti. Il settore delle telecomunicazioni ha avuto un ruolo da protagonista nei mesi difficili della pandemia e può fare da traino alla ripresa. Ma servono strategie e finanziamenti, per evitare che qualcuno resti indietro. Dalle imprese alla scuola, dagli anziani al mondo del lavoro, il ‘diritto di connessione’ sembra essere diventato un diritto di cittadinanza. Il «Rapporto sulla filiera delle telecomunicazioni » evidenzia luci ed ombre. Accelerare su rete unica e 5G ma anche sulla formazione dei cittadini secondo Vito Vitale, segretario generale Fistel Cisl, è oggi più che mai indispensabile.
Il rapporto evidenzia una contraddizione in termini: la domanda aumenta ma i ricavi diminuiscono, com’è possibile? Nel 2019 a fronte di aumenti dell’ordine del 50% dei volumi di traffico dati mobili e del 25% del traffico dati fisso, c’è stata una riduzione dei prezzi e di conseguenza dei ricavi, che si sono ridotti di 1 miliardo di euro a 26,8 miliardi, il valore più basso degli ultimi 10 anni. In un decennio i ricavi hanno fatto registrare un calo quasi del 20%. L’Italia è il fanalino di coda: i servizi costano poco perché si è fatta una politica di andare incontro all’utente con una plitica d’investimenti dai quali però non si rientra. Il che significa che la qualità delle nostre autostrade digitali è scadente e non tutti riescono a ‘camminare’. E le previsioni sono di un ulteriore calo dei ricavi nel 2020 a fronte ovviamente di un’esplosione del traffico dati.
Il rapporto parla di 13 milioni di italiani che sono rimasti ‘scollegati’ durante la pandemia, perché? Le imprese del settore delle telecomunicazioni per molti anni hanno fatto investimenti solo nelle zone ricche, nelle metropoli dove ovviamente c’erano maggiori introiti. Nel 2015 si è deciso di creare Open-Fiber con l’intento appunto di portare la rete internet nelle zone meno redditizie. Il problema è stata la mancata possibilità di collegare l’’ultimo miglio’. Di fatto molte famiglie che vivono nelle zone più povere del Paese o meno densamente popolate sono rimaste tagliate fuori. E questo ha creato una frattura enorme ad esempio per quanto riguarda la didattica a distanza, impossibile per molti bambini e ragazzi.
Il dibattito sulla creazione di una rete unica Tim Open-Fiber subirà a questo punto un’accelerazione? È indispensabile avviare la creazione delle rete unica: indispensabile per la scuola, la pubblica amministrazione e le aziende. Si tratta di una questione squisitamente politica che il governo deve risolvere. Sono coinvolti soggetti privati, come Tim, e pubblici come Enel e Cdp. Se si andrà verso la creazione di una rete unica pubblica si dovrà considerare anche la questione occupazionale perché sono coinvolti 50mila lavoratori che vanno salvaguardati.
Strettamente collegato alla rete unica è lo sviluppo della nuova tecnologia 5G, a che punto siamo? Con il 5G si potranno avere nuovi servizi che vanno proprio nell’ottica di evitare la penalizzazione di alcune aree del Paese. L’Italia per le frequenze 5G ha pagato il prezzo più alto in Europa: 2,5 miliardi di euro. Si deve puntare ad un utilizzo anche sociale della nuova tecnologia, ad esempio servizi di teleassistenza per gli anziani: durante la pandemia sarebbe stato importante dare un supporto in videochiamata alle tante persone che si trovano sole. Un altro punto fondamentale è la scuola dalla quale deve partire la creazione di competenze digitali di cui i nostri giovani hanno assolutamente bisogno per essere competitivi in Europa.
Dal Recovery Fund potrà arrivare una spinta in termini di fondi? Sicuramente saranno utilizzati anche per implementare le reti digitali del resto la digitalizzazione è uno dei pilastri individuati dalla Ue per favorire. Saranno molti i progetti presentati per questo settore. Non si tratta solo di un’opportunità ma di un dovere.
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