Articolo di Juanne Pili, Open
Un editoriale presentato impropriamente come «studio scientifico», che al momento trova seguito solo in ambienti complottisti del 5G e del SARS-CoV2, affermerebbe che le radiazioni elettromagnetiche della telefonia mobile, in determinate condizioni, produrrebbero Coronavirus nelle cellule della pelle. Secondo quanto riportato nell’abstract (non è del tutto chiaro come ottenere una copia integrale, ma qualcuno ci ha già pensato su PubPeer), le onde millimetriche del 5G interagirebbero con le cellule della pelle, le quali fungerebbero da antenne.
Sintesi
I ricercatori sostengono che se le onde sono più corte della dimensione delle cellule, queste potrebbero costruire «strutture simili a virus come i Coronavirus (Covid-19) all’interno delle cellule». Peccato che la famiglia di tali virus comprende solo quelli a RNA; inoltre la Covid-19 è causata esclusivamente dal SARS-CoV2.
«Il DNA – spiegano i ricercatori – è costruito da elettroni e atomi carichi e ha una struttura simile ad un induttore … Queste basi potrebbero unirsi le une alle altre e formare strutture simili a virus come il Coronavirus».
Curiosamente, queste imprecisioni non hanno superato la peer-review. Eppure, come vedremo, almeno due autori insegnano Storia della medicina e Sanità pubblica all’Università Guglielmo Marconi di Roma (Sic!).
Abbiamo già affrontato in numerosi articoli le tesi di complotto sul nuovo Coronavirus e il crossover col complottismo anti-5G. I criteri con cui i virus infettano il nostro Organismo dovrebbero essere già noti a tutti quelli che hanno frequentato la scuola dell’obbligo.
Qui ci interessa piuttosto capire il contesto editoriale in cui articoli del genere riescono a venire pubblicati, con sprezzo della revisione a cui dovrebbero essere sottoposti.
Il background pseudoscientifico
L’articolo, almeno, viene presentato come editoriale. Effettivamente non è chiaro come i ricercatori avrebbero potuto dimostrare un fenomeno del genere, in un esperimento. Le loro argomentazioni ricordano parecchio le tesi riportate da alcuni seguaci del filosofo dell’antroposofia Rudolf Steiner, padre dell’agricoltura biodinamica, che avrebbe associato la pandemia di Spagnola alle onde radio. Idee rilanciate anche da guru complottisti attuali come Il Greg.
Per esempio, l’articolo è stato promosso recentemente dal guru delle Scie chimiche Rosario Marcianò, il quale aveva già dato prova della sua scarsa dimestichezza nel valutare i documenti scientifici, arrivando ad aizzare i suoi follower contro cause inesistenti, al punto da procurargli non pochi guai con la giustizia e la Polizia postale.
Come è stato valutato l’articolo prima della pubblicazione?
La rivista in cui compare l’editoriale è il Journal of Biological Regulators, della casa editrice Biolife Sas. Agli autori che volessero inviare un proprio lavoro si assicura che non sono previste registrazioni, tanto meno verrà chiesto loro di compilare alcuna documentazione.
Nella pagina dedicata alle istruzioni per l’invio dei paper, la rivista sostiene di essere conforme alle linee guida di due importanti organizzazioni che vigilano sulla corretta attività dell’editoria scientifica: l’International Council of Medical Journal Editors (ICMJE) e il Committee on Publication Ethics (COPE). La rivista aderirebbe proprio alle linee guida di quest’ultima.
Al momento siamo ancora in attesa di conferme da parte delle Associazioni menzionate. Solitamente questo genere di riscontri servono a identificare, per esempio, potenziali riviste predatorie.
I potenziali bias della pubblicazione
Ma il problema potrebbe insinuarsi anche nei bias di autori ed editori, che potrebbero inficiare la qualità della peer-review coi loro pregiudizi ideologici. I manoscritti devono essere inviati a una mail con dominio Yahoo al dottor Pio Conti, che figura come «editorial correspondence».
Facendo l’analisi WHOIS per avere maggiori informazioni tramite il dominio della casa editrice «biolifesas.org», scopriamo che si tratta di un sito “tutto italiano”, che avrebbe sede in provincia di Teramo (TE).
Per qualche ragione non abbiamo modo di avere altre informazioni dal WHOIS sulle persone che stanno dietro al dominio. Su Unimib scopriamo che la società risulta presso Silvi Marina, in provincia di Teramo.
Per combinazione abbiamo informazioni nei media riguardo a un immunologo abruzzese, tale dottor Pio Conti, il quale secondo Paese Roma sarebbe un sostenitore delle capacità della vitamina C, nel rafforzare il Sistema immunitario, il quotidiano lo accosta così a un noto guru dell’alimentazione, Adriano Panzironi.
L’ombra dell’omeopatia nelle pubblicazioni scientifiche
Analizziamo ora gli autori del paper. Tra i firmatari troviamo Massimo Fioranelli e Maria Grazia Roccia (entrambi docenti, rispettivamente di Storia della medicina e Sanità pubblica all’Università telematica G. Marconi); Alireza Sepheri (Shahid Bahonar University of Kerman) e Torello Lotti (dermatologo dell’Università di Mosca).
Scopriamo che i primi due italiani sono coautori di un saggio edito da Laterza intitolato Medici eretici. Fioranelli è un noto sostenitore dell’omeopatia nell’ambito della medicina integrata. Roccia e Lotti sono sulla stessa lunghezza d’onda. I tre assieme sono convinti sostenitori della Low Dose Medicine (LDM). Questa definizione viene usata spesso per dare una parvenza di scientificità all’omeopatia.
Sepheri è invece un fisico che ha firmato un precedente studio assieme a Fioranelli, Roccia e altri sulle «onde del DNA» e la loro implicazione in biologia. Concetti su cui si basa anche Luc Montagnier, legandole anche alle sue convinzioni sulla memoria dell’acqua.
Insomma, se fossimo maliziosi potremmo pensare che parliamo di un insieme di articoli volti a fornire presunte basi scientifiche ai principi dell’Omeopatia. Una arrampicata sugli specchi, che si svolge preferibilmente attraverso riviste predatorie o interessate a sostenere la causa.
Abbiamo visto però che questi tentativi di dare basi scientifiche a tesi prive di fondamento può a volte superare anche il controllo di riviste di qualità. Ma in questi casi è più facile accorgersene, perché simili studi vengono puntualmente ritrattati.
L’editoriale intanto scompare dalla rivista
Intanto a seguito di una richiesta di chiarimento da parte dei colleghi di Butac, i responsabili della rivista hanno assicurato di aver ritirato l’editoriale (il grassetto è nostro):
«Grazie per la vostra email – continuano gli admin – Abbiamo già ritirato l’articolo. Sfortunatamente, non abbiamo personale in grado di verificare ciò che è scritto in tutti gli articoli che riceviamo, che coprono una vasta area della medicina, e dobbiamo fare affidamento su revisori che in questo caso hanno dichiarato di accettare l’articolo. L’articolo è stato ritirato da PubMed. Poiché è stato ritirato prima di andare in stampa, non apparirà nemmeno nel cartaceo».
Glissando sulla palese ammissione di non avere una peer-review adeguata, facciamo notare che nel momento in cui scriviamo appare nella pagina dell’articolo l’errore 404 (pagina non trovata), senza dare alcuna spiegazione sulla ritrattazione e le ragioni per cui è avvenuta.
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