Articolo di Gabriele Carrer, Le Formiche
Intervista con Nigel Inkster, ex numero due dell’MI6 oggi senior adviser dell’IISS. Nella corsa al 5G i Paesi europei “rischiano di diventare danni collaterali nella sfida tra Stati Uniti e Cina. I politici italiani non capiscono la Cina, il vostro Paese non può pensare di tenersi in disparte”. Su Huawei: “Meglio non escluderla del tutto, anche per sapere ciò che sta sviluppando”
Il Regno Unito è prossimo a un clamoroso dietrofront sulla cinese Huawei, che verrebbe bandita dal 5G britannico. L’Agenzia nazionale francese per la sicurezza dei sistemi informatici (Anssi) ha annunciato che non vieterà il 5G di Huawei, ma incoraggerà a non usarlo. La Germania sembra, invece, decisa a continuare sulla sua strada nonostante gli avvenimenti statunitensi: come raccontato da Formiche.net, infatti, l’azienda leader nel campo delle telecomunicazioni tedesche, Deutsche Telekom (di cui Berlino ha una quota del 14,5 per cento), ha rafforzato la propria cooperazione con la concorrente cinese Huawei, sino a divenire “sempre più dipendente” dalla Cina, stando a quanto rivelato dal quotidiano Handelsblatt. Anche in Italia il dibattito è caldo, dopo che Telecom Italia (Tim) ha escluso Huawei da una gara d’appalto per l’acquisto di apparecchiature 5G per la rete di prossima generazione in Italia e in Brasile.
La sfida tra Stati Uniti e Cina per l’egemonia tecnologica, il potenziale decoupling occidentale dal Dragone e il ruolo dell’Italia nella contesa tra le due superpotenze sono stati al centro di una conversazione di Formiche.net con Nigel Inkster, trent’anni di esperienza nel Secret Intelligence Service britannico (l’MI6) di cui è stato direttore delle operazioni e dell’intelligence, oggi senior adviser dell’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra, uno dei più importanti think tank al mondo, e autore del volume China’s Cyber Power.
Siamo dinnanzi a una nuova Guerra fredda in cui i Paesi occidentali sono chiamati a farne una scelta di parte?
Il termine Guerra fredda è stato ampiamente utilizzato per descrivere la relazione tra Stati Uniti e Cina. Ma si tratta di un’analogia non particolarmente riuscita ed efficace, in quanto la situazione è molto diversa rispetto alla relazione tra Stati Uniti e Unione sovietica durante la Guerra fredda.
In che senso?
Gli Stati Uniti e la Cina sono profondamente legati, come mai lo erano stati gli Stati Uniti e l’Unione sovietica: sono sullo stesso piano in termini di performance economica e capacità tecniche. Ma la tecnologia in generale e l’Ict in particolare sono diventate un campo di battaglia fondamentalmente tra Stati Uniti e Cina, con la Cina che cerca di rimpiazzare il dominio tecnologico statunitense diventando fornitore globale e standard setter per il 5G. Gli Stati Uniti hanno commesso un errore sul 5G e ora stanno cercando di rallentare la Cina mentre recuperano terreno.
In che modo?
Se gli Stati Uniti applicano un bando completo sulle vendite a Huawei e ad altre società cinesi di qualsiasi tecnologia di origine statunitense, questo potrebbe impedire alla Cina di raggiungere le sue ambizioni. Ecco il motivo per cui il governo cinese sta facendo così tanta pressione sui Paesi europei affinché accettino la tecnologia Huawei.
Parliamo del Regno Unito. Alla Bbc lei ha sottolineato l’importanza di evitare di dover fare una scelta binaria nel 5G per non rischiare danni a lungo termine.
La maggior parte di questi Paesi non vuole fare una scelta binaria e nel Regno Unito il National Cyber Security Centre ha concluso che limitare Huawei alla parte edge della rete, piuttosto che a quella core, costituisce un rischio gestibile. Le controparti statunitensi concordano, non si tratta di tecnologia, ma di geopolitica.
Lei non chiuderebbe del tutto la porta a Huawei?
Il Regno Unito non si sarebbe mai affidato totalmente a Huawei ed è disposto a distribuire il rischio aumentando il numero di fornitori sul mercato per ridurre al minimo i rischi di dipendenza eccessiva. Sarebbe preferibile mantenere Huawei non da ultimo perché ciò fornirebbe maggiori approfondimenti su ciò che stanno sviluppando. E rimuovere le apparecchiature Huawei dalle reti 3G e 4G esistenti richiederà molto tempo e costerà miliardi di sterline. Altri Paesi europei, come la Germania, sembrano determinati a utilizzare Huawei mentre gli Stati Uniti li stanno spingendo verso una scelta binaria. Questi Paesi rischiano di diventare danni collaterali nella sfida tra Stati Uniti e Cina.
Come vede l’ipotesi di un decoupling dell’Occidente dalla Cina?
In una situazione di decoupling dell’Occidente dalla Cina, tutti perdono ma l’Occidente rischia di perdere di più. Alcune aziende tecnologiche statunitensi realizzano la metà dei loro ricavi dalle vendite di tecnologia in Cina e precluderle questo mercato significa che avranno meno soldi da investire in innovazione proprio nel momento in cui l’innovazione cinese è pronta a decollare, forte di ingenti investimenti statali. Nel peggiore dei casi, l’Occidente potrebbe finire in un ciclo di declino tecnologico, come è accaduto in Cina dal XV al XVIII secolo. Ciò va visto all’interno di un contesto in cui gli Stati Uniti si stanno ritirando dalla comunità internazionale mostrando sempre meno interesse nell’avere un ruolo egemone a livello globale. Gli Stati Uniti potrebbero concretamente trasformarsi in un’“isola” continentale essenzialmente autosufficiente. Ma questa non è un’opzione fattibile per gli Stati europei.
Il dibattito sul 5G sta riaccendendo l’alleanza Five Eyes?
Per compiere assieme i prossimi passi, penso che i Five Eyes abbiano ancora un ruolo importante da giocare ma per farlo serve che gli Stati Uniti siano pronti a esercitare una leadership efficace. E questo è sempre più in dubbio.
Si parla sempre più spesso di un D10, un club delle democrazie (i Paesi del G7 più Australia, Corea del Sud e India) decise a contrastare la Cina, anche nel settore del 5G. Si parte dai Five Eyes?
Non è un’alleanza che può facilmente estendersi ad altri Paesi: è figlia dell’esperienza condivisa durante la Seconda guerra mondiale e della cultura anglosassone. Un’idea interessante, ma la leadership degli Stati Uniti rimane la questione chiave.
Come vede la posizione dell’Italia in questa contesa tra Stati Uniti e Cina sul 5G?
Come altri Paesi europei, l’Italia rischia di diventare un danno collaterale nella sfida tra Stati Uniti e Cina. Credo che i politici italiani non capiscano davvero la Cina e non siano ben posizionati per affrontarla. Potrebbero pensare di poter non prendere parte a questa competizione, si sbaglierebbero.
No comment yet, add your voice below!